L'incontro-dibattito "La storia perduta", tenutosi in Chiesa Madre il 20 settembre 2023, ha fatto riscoprire, tra le tante opere d'arte restaurate, l'antico meccanismo che per oltre duecento anni ha scandito le ore della comunità grassanese.
Video YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=7Zq9x-6fDJc
L'orologio della Chiesa Madre, un tempo appartenente all’ex Palazzo Commendale, noto come “A rllocij” in dialetto Grassanese, viene menzionato per la prima volta nel cabreo della Commenda di Grassano del 1763-4 in cui sono contenuti i primi riferimenti sulla “torre dell’orologio” attigua alla chiesa:
“Nella summità di detto Monte, ed attaccato al Palazzo Commendale vi è la detta Chiesa Madre [...] vi è una portella che serra la Cassa dell'orologio di essa Terra [...] vi sono [...] due campane altre di quelle dell'orologio [...] ". (MONTESANO, Grassano melitense: memoria e territorio, 2018, Tipografia Grafica & Stampa di Giuseppe Forte, Altamura (BA)).
Dopo la soppressione della Commenda, i ruderi e il suolo del Palazzo Commendale vennero venduti dal Demanio al clero di Grassano per 250 Ducati con atto del 25 febbraio 1832, in seguito si ebbe una parziale demolizione del piano nobile: rimasero in piedi solo alcuni locali dell’attuale sagrato, il “magazzino di Sant’Innocenzo” e la “torretta d’angolo” (o dell’orologio) adiacente ad esso.
Inoltre, già nello “Stato Discusso Quinquennale” (bilancio quinquennale) del comune di Grassano con decorrenza dal 1818 al 1822, tra le spese compare la previsione di 6 ducati annui per il “regolatore dell’orologio” (ARCHIVIO DI STATO DI NAPOLI, Ministero degli affari interni: stati discussi comunali, busta n. 487): uno degli ultimi addetti alla manutenzione fu il sig. Giovanni Flori (fonte orale).
La campana, dedicata alla Vergine e datata 1731, oggi si presenta usurata nei punti in cui il martello rintoccava le ore e rotta a causa di un crollo del suo campanile a vela avvenuto nel 1968 circa (fonte orale): evento che, dopo qualche anno, decretò la demolizione dei locali precitati.
Il meccanismo settecentesco si presenta con una struttura a gabbia, resa rigida da caviglie e dadi, e con ruote di grande diametro e piccolo spessore a causa dei costi che allora aveva il ferro.
Gli assi dei tamburi in legno dove si avvolgono le funi di carica (dello scappamento e della suoneria) sono uno in linea all’altro, dando un’autonomia, causa dimensioni tamburi, di 16 ore di carica per lo scappamento.
Quest’ultimo, trattasi di scappamento a verga dove le palette (o leve), posizionate ad un angolo tra i 90° e 100°, alternandosi ingranano con la corona Caterina composta da 27 denti, mentre la ruota partitora è tale da scandire ogni ora, con un numero di rintocchi pari al numero delle ore. Tale ruota è di diversa lavorazione in quanto è stata ricostruita negli anni ’50 del Novecento dal fabbro locale Eustacchio Marcosano (fonte orale), zio dell'attuale restauratore.
Il periodo di oscillazione del pendolo è di 1,33 secondi, quest’ultimo ricostruito così come i due pesi, attualmente di 21 kg ciascuno: in origine, entrambi i macigni (probabilmente in pietra), scendevano, durante il funzionamento, in un piccolo locale-grotta, ora murato, di via Chiesa.
Da notare, oltre al segno delle martellate, indice di lavorazione artigianale, tra le sbarre di ferro che compongono la struttura è presente una centrale di diverso aspetto, per via dei tanti intagli laterali a distanza regolare: probabilmente un asta graduata come quelle di antiche bilance, rilavorata, così come altre parti meccaniche costruite da oggetti di recupero.
Un’ultima osservazione riguarda la presenza di un ingranaggio laterale, parte meccanica di un piccolo quadrante di regolazione.
Il restauro è stato eseguito dal sig. Rocco Eustacchio Mattia nel 2023.
Testo e ricostruzioni a cura di Matteo Mattia
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